sabato 22 dicembre 2007

ho incontrato un'ombra

lui: ciao, come va?
lei: bene.
lui: che si dice?
lei: in che senso?
lui: che fai?
lei: in genere o adesso?
lui: adesso, dopo, che fai?
lei: vado a casa.
lui: io vado in biblioteca, devo chiudere il mese.
lei: hm.
lui: ecco i libri. sono tutti.
lei: grazie, mi fido.
lui: sono state letture istruttive, soprattutto i sermoni tedeschi.
lei: mi fa piacere.
lui: che dire?
lei: che dire? anche niente.

lui: sono andato alla ***** ieri. è cambiato tutto, gente nuova...
lei: ah, bene.
lui: ho visto quelli dell'anno scorso. insomma, sì, è tutto uguale...

dissolvenza incrociata

lui: ti trovo bene.
lei: grazie. per essere una lavandaia non me la cavo male.
lui: sei tra le migliori che abbia mai conosciuto.
lei: ...
lui: ci vediamo presto.
lei: non credo. non dire cose a casaccio, per piacere.
lui: allora ci vediamo quando capita. ci vediamo nella prossima vita.
lei: ...
lui: prendi la metro?
lei: sì.
lui: anch'io. ciao allora.
lei: ciao.

prendono lo stesso treno. vanno in direzioni opposte. dissolvenza in nero.


domenica 9 dicembre 2007

miti da sfatare


è inutile. rimangono rospi

domenica 2 dicembre 2007

imparare a imparare

alla fine ci arrivi a capire davvero le cose che hai sempre saputo

The Soul selects her own Society -
Then - shuts the Door -
To her divine Majority -
Present no more -

Unmoved - she notes the Chariots - pausing -
At her low Gate -
Unmoved - an Emperor be kneeling
Upon her Mat -

I've known her - from an ample nation -
Choose One -
Then - close the Valves of her attention -
Like Stone

(Emily Dickinson)

domenica 25 novembre 2007

diva del muto




qualche tempo fa ho conosciuto una persona che mi ha raccontato di aver fatto anni prima, per un anno, un voto di silenzio. scelta estrema che non tutti saremmo pronti ad abbracciare.
voce e parole sono potentissime forme di energia che col tempo e con l'esperienza si imparano a dosare. troppe parole o troppo poche possono avere effetti ugualmente devastanti.
io ho deciso: da ora in poi sono per un silenzio differenziato e consapevole.

martedì 20 novembre 2007

panni sporchi


dal de mauro
lavandaia:
1 spec. in passato, donna che per mestiere lavava biancheria e indumenti altrui
2 estens., donna volgare e maleducata

domenica 4 novembre 2007

autoritratto


il nero slancia

giovedì 1 novembre 2007

io sono qui

con i cerbiatti che brucano l'erba fuori dalla mia finestra. e a quanto pare anche i coyote che ululano da qualche parte, lontano.

giovedì 25 ottobre 2007

the city that never sleeps

leggevo tempo fa che i tassisti sono in italia la categoria più odiata dopo gli avvocati. prima ancora dei politici. sarebbe interessante sapere come sono le statistiche a new york da questo punto di vista. senz'altro il mio impatto non è stato dei più gradevoli. il tassista che mi ha portato da jfk a penn station è riuscito ad andare a due all'ora quando la strada era libera e correre e sorpassare negli ingorghi, litigare con un facchino dell'ups per motivi oscuri prendendolo a parolacce anche dopo minuti che ce l'eravamo lasciati alle spalle, tamponare un taxi fermo davanti alla stazione e prendersela con l'altro autista, non accendere proprio il tassametro e chiedermi quasi 10 dollari in più rispetto a quanto indicato sul foglietto delle tariffe. e dopo tutto questo voleva la mancia. io non gliel'ho data. lui non mi ha aiutato a scaricare i bagagli. io non l'ho salutato.

poi un tizio sconosciuto mi ha detto di mettermi la mano davanti alla bocca quando tossico. e un passante a cui non ostruivo minimamente il passaggio ha deviato il suo percorso per chiedermi di spostarmi.
che covo di esauriti.
oggi ritorno in città. vi farò sapere se ho fatto a botte con qualcuno.

lunedì 24 settembre 2007

su un muro di ponte di nona

ameno quartiere in mezzo al nulla e a due passi da uno dei più grandi centri commerciali d'europa, c'è scritto shoah must go on. battuta deficiente, ma per lo meno non negazionista. la speranza è sempre l'ultima a morire.

martedì 4 settembre 2007

virtuosismi

tu pensi di essere bravina in fatto di seghe mentali e ti produci in evoluzioni deliziando amici e parenti. poi però incontri gente che si è diplomata a santa cecilia, gente che si esibisce nei teatri di tutto il mondo davanti a un pubblico in visibilio che chiede il bis e il tris. incontri segovia in persona. e allora che fai? chini la testa davanti al talento, al genio, anzi, all'abnegazione assoluta, a quello che diventa lo scopo di una vita intera. e ringrazi il cielo di essere una semplice dilettante.

giovedì 30 agosto 2007

libere associazioni

freud, le scarpe e la cocaina. qualche giorno fa avevo ai piedi un paio di scarpe davvero poco intelligenti, tanto per fare un calco dall'inglese, e dopo aver camminato per un po' con due maritozzi al posto dei piedi decido di provare a vedere se in uno dei tanti negozi di scarpe di via nazionale c'è qualcosa di ragionevole dal punto di vista del prezzo e della comodità. entro in un negozio con la mia amica susanna, vedo un bel paio di scarpe, chiedo di misurarle. il tizio del negozio mi porta la destra e me la fa misurare, passando senza soluzione di continuità dal lei al tu. mentre il tizio va a prendermi la sinistra susanna mi fa notare questa storia del lei e del tu e io le dico che anche a scuola mi capita con gli alunni: ci sono delle formule che imparano con il lei, tipo "scusi", ma il resto della conversazione è fondamentalmente "tu". e io le dicevo che ci tengo a insegnargli a dare del lei perché il loro uso del tu non è né frutto di scelta, né di sfrontatezza, né di amore per l'egualitarismo, ma solo di ignoranza linguistica. e mentre dicevo queste parole torna il tizio con la scarpa sinistra.

"ah lei insegna?" (passaggio definitivo al lei, visto che sono insegnante) "eh, ai miei tempi agli insegnanti li consideravamo delle divinità. No come 'sti regazzini de oggi. ma sa che le dico? dovremmo essere tutti più freudiani".
io e susanna: "...."
"perché freud diceva le cose, ma poi va' a vede'... freud ha scritto un libro sulla cocaina, lo sapevate?"
io e susanna: "no".
"si chiama io e la cocaina". (poi io e susanna abbiamo controllato, il libro in realtà si chiama la cocaina)
"cioè capito? questo è andato in bolivia o in colombia e ha provato la cocaina. e j'è piaciuta. e c'ha scritto un libro"
io: "oh che bello, sono veramente comode queste scarpe: le prendo".
"aho, vedi?", dice il tizio rivolto a susanna, dandole del tu, ma solo perché non sa che insegna all'università. "me cambia discorso!"
io: "no, no, prego, mi scusi, continui" (e intanto andiamo alla cassa).
"capito? c'ha scritto un libro".
io: "be', sì, all'epoca la cocaina e anche l'oppio erano usati a scopi tarapeutici".
"sì, ma il discorso è un altro. perché mettiamo caso che io a lei je do 'na sigaretta. e lei la fuma. e poi je ne do 'n'artra e lei la fuma. e poi je ne do 'n'altra e lei comincia a provacce gusto. che fa, lei, eh? che fa?"
so che è una domanda a trabocchetto. scopro tutte le mie carte e dico la verità: "mi scusi, ma non la seguo più".
"eh eh", ridacchia lui. "ce scrive 'n libro, no?"
"ah..."
io e susanna: "..."
io e susanna: "grazie. arrivederci".
"io e la cocaina se chiama il libro. no io io, eh? io lui, io freud. io e la cocaina. che lui l'ha provata e j'è pure piaciuta".
"eh, ora andiamo da mel e cerchiamo il libro... grazie, buongiorno".
"io e la cocaina!", ci grida dietro.
io: "ma non volevi provarti quegli stivali in vetrina?"
susanna: "ho cambiato idea".

mercoledì 29 agosto 2007

benaltrismo

non credo che una parola o un concetto del genere esistano in molte altre lingue. un esempio di benaltrismo si vede in questi giorni, con la storia dei lavavetri fiorentini. io sono d'accordo con quanto dice rosi bindi: "non dimenticare che le misure di sicurezza più certe, quelle che danno migliori risultati, sono quelle dell'integrazione e non quelle della paura o del non rispetto della persona, o, peggio ancora, dell'incapacità di riscattare tutti dal giogo della malavita".
però il fatto che tanto i problemi sono ben altri, appunto, porta spesso molta gente di sinistra (di come e perché rimandino quelli di destra, ovviamente, non me ne cale) a rimandare sine die una discussione seria e dei seri tentativi di trovare soluzioni ai suddetti problemi. "semp' meglio che ghi' a rubba'", dicevano i venditori di fazzoletti quando viaggiavo da e per napoli, all'epoca dell'università. perché questo è il punto: l'alternativa a questi lavori decisamente umilianti, inutili e molesti (la retorica romantica a tal riguardo è stucchevole e fondamentalmente classista, se non razzista) è la malavita, non c'è altro. se le istituzioni decidono di prendere il toro per le corna ed eliminano i lavavetri, i venditori abusivi, la fatica non è tanto sradicare anche tutto il racket che c'è dietro. la fatica vera è offrire un'alternativa seria a queste persone. e investire in politiche serie per l'integrazione, contro l'abbandono scolastico, per una reale cultura delle pari opportunità che ora in italia non esiste significa rivoluzionare un paese intero. è una fatica improba. da dove si comincia? ogni provvedimento sembra una goccia nell'oceano. perché tanto i problemi veri sono ben altri, appunto.